19 febbraio 2012

mutualità cooperativa

Il Trentino è la regione d'Italia con il più alto rapporto tra sportelli bancari e popolazione. La presenza delle banche è diffusa, capillare, robusta e - anche se le famiglie trentine avvertono la crisi e non risparmiano più come una volta - è patrimonialmente forte, grazie anche alla rete delle casse rurali che nei decenni hanno destinato gli utili, in gran parte esentasse, proprio alla patrimonializzazione.
Fa specie, quindi, che oggi il Trentino risenta pesantemente della stretta creditizia alle famiglie e alle imprese, come nel resto d'Italia.
Le banche non danno più credito. Artigiani, piccole imprese, aziende anche con solide credenziali e prospettive di crescita trovano i rubinetti delle banche, anche delle banche territoriali, inesorabilmente chiusi, con un aumento impressionante di rischio di esposizione e di fallimenti, che sta causando un effetto domino sull'economia.
L'allarme ha fatto scendere in campo di nuovo la Provincia urgentemente con Cassa del Trentino per ridare ossigeno alle imprese e non arrestare l'economia, sostenendo una manovra «di credito» che a fine mese arriverà a 300 milioni di euro. Insomma, ancora una volta in Trentino è la Provincia a fare da banca, perché le banche non fanno il loro mestiere: prestare denaro.
Sicuramente pure le banche risentono della crisi e dei diminuiti risparmi delle famiglie che riducono la raccolta di denaro. Sicuramente un po' più di cautela (o meglio, una più oculata valutazione) nel concedere i prestiti andava adottata. Ma non trova giustificazione una stretta creditizia come quella in atto, specie per la rete delle casse rurali, nate per sostenere mutualmente le famiglie e i lavoratori autonomi in difficoltà economiche e prevenire che cadessero nelle mani degli usurai.

Scandalosa appare pertanto la decisione delle casse rurali di destinare gran parte dei 600 milioni di euro ottenuti dalla Bce all'asta di dicembre (a un tasso particolarmente conveniente dell'1%) all'acquisto di Bot e Btp che garantiscono una rendita del 4-5%.
In un momento di gravissima crisi dell'economia regionale, con imprese soffocate dalla mancanza di credito, anche le rurali hanno deciso di privilegiare se stesse, mettendo in sicurezza tesorerie e bilanci, invece di iniettare denaro contante nel sistema economico in affanno.
Certo, si potrà obiettare che lo Stato italiano aveva bisogno di acquirenti per i propri titoli, si potrà giustificarsi dicendo che lo stesso Monti ha chiesto di comprare Bot, ma i 500 miliardi di euro che la Banca centrale europea ha erogato a un tasso particolarmente agevolato doveva servire a sostenere l'economia, non a mettere a posto i conti delle banche.
Non sta in piedi la risposta addotta da Cassa centrale che la scadenza «breve» di tre anni di quel credito, rendeva inadatti tali fondi a finanziare mutui e imprese. Probabilmente al fondo vi era la necessità di dare ossigeno a rurali con problemi di sofferenze e di conti non brillanti. Fatto sta che quei soldi che non sono andati a sostegno dell'economia trentina, li ha dovuti tirare fuori ancora una volta la Provincia.
In Italia le imprese già pagano tassi d'interesse doppi rispetto alla Francia e alla Germania. In Trentino i tassi d'interesse sulle operazioni garantite dalla Cooperativa artigiana di garanzia sono cresciuti nell'ultimo anno del 41,5% per le casse rurali, del 45-65% per Unicredit, dell'11,4% per BTB. La stretta creditizia ha reso difficile se non impossibile ottenere l'apertura di una linea di credito, tanto che perfino in Spagna è più facile ottenere denaro in banca che da noi.
Ora, se il denaro che la Bce concede agli istituti di credito, invece di essere immesso sul mercato finisce «congelato» per garantire le banche stesse, dove sta l'attenzione al territorio, ai soci, alle famiglie, alle piccole imprese?
Certo, in passato è accaduto che anche le casse rurali concedessero prestiti con estrema (troppa?) facilità, senza verifiche accurate, e questo ha portato a sofferenze pesanti, in alcuni casi in grado di mettere a rischio questa o quella cassa.
Giusto, quindi, adottare una maggiore selezione e severità nel concedere crediti, non sostenendo inutilmente imprese fuori mercato.
Ma non può essere che oggi si risponda agli errori del passato, non concedendo più crediti per patrimonializzare meglio i propri istituti. Ma la destinazione a patrimonio degli utili essentasse nei decenni passati, non doveva servire a questo?
È vero che le piccole casse rurali sono più esposte a rischi e a pericolose oscillazioni se fanno un paio di prestiti sbagliati a imprese che falliscono, e quindi si muovono con i piedi di piombo. Ma la rete diffusa delle casse rurali dovrebbe voler dire mutualità e solidarietà reciproca, anche fra casse rurali. Altrimenti non si capisce cosa voglia dire «cooperazione», se non viene applicata all'interno stesso della Cooperazione.
Oggi l'economia trentina rischia di avvitarsi su se stessa, anche per la mancanza di credito. È una responsabilità troppo grande per far finta di non vedere. Vale per tutte le banche, ma soprattutto per chi ha - o dovrebbe avere - nel proprio dna la «mutualità cooperativa».
fonte L'Adige:: Se anche le Rurali non danno credito

1 commento:

Anonimo ha detto...

purtroppo è così, le banche hanno chiuso i rubinetti! è sempre più difficile andare avanti con la crisi che è in atto ormai dal 2008
e le aziende anche le più solide, hanno dovuto prelevare tutte le loro riserve e adesso si trovano inguaiate. C'è anche la clientela che non paga e con il lavoro che non c'è si aggiunge problema su problema e si devono fare i salti mortali per non licenziare e mettere sulla strada magari i dipendenti che sono con te da una vita.
Chi lavora in un ente pubblico o provinciale, non sente certo la crisi, per quei dipendenti che ci sia lavoro o non ci sia lavoro, il loro stipendio lo prendono ugualmente, anche se la loro mansione richiede di stare otto ore davanti ad uno sportello e aspettare che passi qualcuno a chiedere delle informazioni, e non sanno come far passare il tempo,
mentre nelle piccole aziende, la vita è molto dura e ci si deve adattare al tutto.
E ogni mese che passa si spera sempre che cambi e invece non cambia nulla, anzi peggiora e ci si indebita sempre di più...