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Da tempo immemore e fino a una quarantina di anni fa era d’uso nelle contrade contadine celebrare riti propiziatori per sollecitare la benevolenza delle divinità, dei Santi e del Signore sulle povere cose dell’umana quotidianità …
Lo stentato benessere familiare, la salute del bestiame, l’indulgenza del Tempo e delle Acque, la fertilità della Terra e delle spose e le promesse di raccolti almeno sufficienti erano invocati nelle cantilene, nei canti e nelle preghiere che scandivano il succedersi delle stagioni e delle processioni.
Il vento della modernità, con l’affermarsi della meccanizzazione, dei fertilizzanti e delle polizze assicurative e con le tecnologie che ci hanno asciugato il sudore della fronte rendendoci tutto il tempo che ci serve per essere insoddisfatti e infelici, ha, piano piano, sollevato tutti i rettori dell’Olimpo (alcune origini dei rituali propiziatori sono precristiane) e del Paradiso dall’occuparsi di queste miserie terrene e dispensato gli abitatori di queste valli di lacrime dall’invocarne i favori.
Tuttavia queste tradizioni millenarie sono ancor oggi nel cuore e negli occhi dei non più giovani che, ricordando nostalgicamente i tempi belli dell’infanzia e dell’adolescenza, ripercorrono i tempi in cui con le stagioni si succedevano le “rogazioni”, cerimonie e rituali popolari ordinati e incanalati dai parroci su percorsi che raccordavano il paese, il borgo, il cuore della comunità contadina coi luoghi della speranza, del lavoro e, talvolta, dei miracoli…
Le santelle, i capitelli e le croci disseminati nelle nostre campagne sono i segni tuttora visibili del faticoso ed illuminato percorso di vita anche dei più laici fra i nostri padri.
Segnano, lungo le erte, sui colli, ai crocicchi di strade e viottoli, le tappe ove riprender fiato, meditare, pregare e raccogliere le forze per ripartire. In ogni senso.
Vestigia e simboli di un mondo incantato… Testimonianze a volte storicamente e artisticamente preziose o preziose solo per l’animo, la sensibilità ed i ricordi di molti di noi.
Anni fa la Provincia di Trento, meritoriamente, ne attuò un concreto programma di restauro e conservazione ed un autore - Mario Maniotti – compì una lodevole ricerca (“I capitelli, Mori, Brentonico, Val di Gresta”) per spiegare e catalogare puntigliosamente origini, storia e funzioni di questi popolari monumenti diffusi in tutto il Paese e, naturalmente, anche nel basso Trentino.
Anche a Brentonico, anche a Prada di Brentonico.
Ma qui a questo patrimonio storico-tradizional-popolare-religioso è stato inferta una profonda ferita, forse irreparabile.
Sulla strada per la Polsa, all’altezza del terzo tornante, da pressappoco due secoli c’era un crocefisso in pietra, censito col numero 193 dal lavoro del Maniotti, tappa delle rogazioni di un tempo, sosta obbligata per chi, calpestando la strada bianca, si recava in Polsa, meta ancor recente di passeggiate e, più prosaicamente, riconosciuto riferimento toponomastico.
Lentamente ma inesorabilmente progressivi quanto malaccorti lavori stradali e fognari hanno dapprima emarginato e quasi sommerso la croce ed il suo basamento a gradini.Successivamente una mano ignota ha completato l’opera abbattendo la croce e precipitandola in fondo alla scarpata in attesa che i rovi, il tempo e qualche nuovo vandalo la sottraggano definitivamente al ricordo e al patrimonio culturale dell’Altopiano.
Nessuna autorità locale, dal Municipio alle forze dell’ordine, pare essersene accorta.
Non la Chiesa né la Provincia.
Nessuno sembra interessato ad un ricupero integrale (il basamento dev’essere stato incorporato nella massicciata della strada) provvedendo al necessario restauro ed ad un’eventuale ricollocazione in posizione più sicura e protetta.
Fosse davvero così, questo ulteriore vulnus alle risorse storiche e culturali dell’Altopiano (ce ne sono stati altri qui. Ormai irrimediabili) non troverebbe aggettivi per stigmatizzare e censurare il disinteresse di chi è istituzionalmente preposto alla loro tutela.
Che si tratti di omissione di atti d’ufficio? O di qualcosa di più?
Gianclaudio - Prada di Brentonico
4 commenti:
"Sette croci
l'è come sette fiori
sbociadi a primavera
quando ch'el vento
riva fin la sera.
Sette croci
'na storia senza nome
lassù su la montagna
dove la zente
no se ferma pù."
BDM
Il valore di una parte di storia in fondo ad una scarpata in attesa che la natura copra lo sfregio umano; la volontà di non pensare alle cose significative che hanno scandito il passo di chi non c'è più, i valori sempre più sminuiti per pensare ad altro in modo sempre più veloce come imposto dalla "moderna" società. Testimonianze per le quali varrebbe la pena spendere tempo perchè parte della nostra storia.
Questo è un altro dei tanti e esempi di inefficienza e "menefreghismo" delle nostre istituzioni. Non voglio trasformare la trattazione in politica, ma purtroppo la nostra situazione è tragica. Negli ultimi anni nulla è stato fatto, solo gli interessi di "pochi" sono stati soddisfatti. Il paese sta lentamente degradando. Qualcuno ha provato a vedere come sono tenuti i sentieri e le passeggiate attorno a Brentonico e frazioni? Qualcuno è stato negli ultimi due anni nel percorso della salute del Dos de Robiom? Tutto è lasciato al completo degrado. Alberi abbattuti e poi abbandonati per mesi in mezzo ai sentieri, ramaglie dappertutto e progressivo imboschimento dei sentieri puliti si e no una volta l'anno.
Chi ha avuto la possibilità di girare in altri paesi si è reso conto che ogni piccolo sentiero, specialmente se molto vicino agli abitati è curato e pubblicizzato in grande stile, ogni piccola peculiarità viene grandemente propagandata. Qui NO noi che di cose belle ne abbiamo molte le stiamo lasciando andare tutte in rovina.
Questo vale per "croci", "capitelli", sentieri, malghe, percorsi natura ecc.
Purtroppo questa croce è il simbolo emblematico di come sta andando il nostro altipiano.
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