07 dicembre 2008

tempo di crisi ma non solo

In questi giorni i media ci ricordano, ma gli effetti si cominciano a far vedere anche nel nostro ricco trentino, che la crisi è arrivata: crisi dei consumi e crisi aziendali sono all'ordine del giorno.
Ma in questi giorni prenatalizi è anche il tempo dei regali che, anche se limitati, ci saranno anche quest'anno.
Questa crisi ci dà l’opportunità di ripensare le nostre strategie e di rivedere le nostre posizioni.
Meno consumi che ci inducono a soffermarci su aspetti che rientrano nell'idea di qualità del consumo. Essere consumatori consapevoli per migliorare la qualità dei consumi e della vita.

Qualità del consumo: la nuova frontiera
I nostri consumi possono avere impensate conseguenze, vicine e lontane: basta allargare l'attenzione a tutto il ciclo del prodotto acquistato, dalle materie prime necessarie per fabbricarlo, fino alla fine della sua vita utile e allo smaltimento come rifiuto. Può capitare, ad esempio, che per il ferro della nostra auto si siano distrutte foreste amazzoniche, o che il caffè della tazzina sia stato coltivato sfruttando le popolazioni e avvelenando l'ambiente con i pesticidi.

Importanza della finalità: questi aspetti dovrebbero rientrare a pieno titolo nell'idea di qualità dei consumi. La qualità infatti non è sempre intrinseca a un singolo prodotto: lo stesso bene, acquistato in una bancarella o in un negozio di lusso, può avere un prezzo molto diverso; si parlerebbe in questo caso di qualità commerciale. Ma, anche se pagato a caro prezzo, non è detto che un prodotto sia sempre utile: la moderna società "del benessere" offre numerosi esempi - e non solo nel campo alimentare - di acquisti opulenti che si rivelano (presto o tardi, consciamente o inconsciamente) dannosi persino per chi li consuma. Ecco che la qualità dei consumi può essere definita in modo diverso a seconda dei fini che il consumatore vuole perseguire. Non per niente è stato dato il nome di "qualità totale" al moderno criterio organizzativo aziendale, secondo il quale tutto il processo produttivo deve essere finalizzato alla piena soddisfazione del cliente. La chiara conoscenza del fine aziendale (articolato e aggiornato in tempo reale grazie all'informatica) consente di superare gerarchismi, stimolare l'iniziativa e la partecipazione, così da migliorare notevolmente la produttività.
Migliorare l'uomo: l'unica riserva a questo criterio è che il cliente-consumatore può avere gusti e aspirazioni distorti (per effetto della pubblicità, di pregiudizi o altro) ed essere soddisfatto di consumi che in definitiva sono dannosi. Ecco allora che il criterio ultimo per valutare la qualità dei consumi dovrebbe consistere nella loro capacità di migliorare l'uomo, ovvero la qualità della vita. Questo criterio è applicabile anche alla qualità della produzione: la fabbricazione di armi, tabacco o di altri prodotti notoriamente dannosi dovrebbe essere oggetto di obiezione di coscienza.
Trasparenza nel commercio: il consumatore può essere mosso da diverse finalità nei propri acquisti: può farli sotto la spinta emotiva della pubblicità, oppure voler perseguire espressamente salute, cultura, bellezza, solidarietà o altro ancora. Una condizione necessaria perché possa esserci scelta consapevole è l'informazione sul prodotto: il consumatore dovrebbe poter conoscerne l'origine, nonché tutti gli aspetti relativi all'intero ciclo produttivo, con gli effetti che provoca a monte o a valle. Va chiarito che una produzione può avere effetti su diversi piani, come quello sociale, quello ambientale e quello culturale. Già nell’’800 vi furono esempi di prodotti raccomandati ai consumatori con un marchio sindacale che li garantiva esenti da sfruttamento degli operai: una specie di DOC (denominazione di origine controllata) sociale.
Equità e solidarietà: oggi lo sfruttamento sociale potrebbe aversi soprattutto con le importazioni dal terzo mondo: il moderno marchio di garanzia sociale è quello del commercio equo e solidale, il quale conferisce anche garanzia di qualità biologica per i prodotti alimentari, di non aver provocato danni ambientali, né alterato le tradizioni culturali del luogo di produzione. Attraverso ricerche in loco e schede informative, si cerca di informare il consumatore su chi viene beneficiato (si tratta di solito di piccoli produttori associati) e su tutti gli altri effetti del suo acquisto. Si cerca cioè di dare il massimo di trasparenza commerciale. E' l'opposto di ciò che fa di solito la pubblicità, la quale all'informazione ha sempre preferito la suggestione. Anche nel commercio alternativo possono inserirsi, ovviamente, gli "ecofurbi"; è quindi sempre opportuno esercitare il senso critico.

Per il bene comune sarebbe certo auspicabile che nascesse una sempre maggiore sensibilità del consumatore per gli effetti a monte e a valle dei suoi acquisti, così come sarebbe indice di sviluppo e di maturazione una maggiore libertà reale del consumatore, con scelte consapevoli e informate. E’ opportuno quindi che le organizzazioni della società civile interessate alla cooperazione internazionale, alla difesa dell’ambiente e alla difesa dei consumatori, uniscano gli sforzi per ottenere, con o senza l'intervento pubblico, una maggiore trasparenza nel commercio, rendendo consci i consumatori di tutti gli aspetti riguardanti i propri acquisti e mettendoli in grado di operare scelte razionali e mature. Sarebbe il modo più sicuro per migliorare la qualità dei consumi e della vita.
di Luigi De Carlini - fonte Green Man - Istituto per la democrazia partecipativa e la cittadinanza europea
Una crisi quindi che deve tramutarsi in una grande opportunità per rivedere la qualità dei nostri consumi che dovrebbero sempre più sposarsi con la cooperazione sociale, la produzione biologica e i prodotti da filiera corta e a “Km zero”.

Altromercato - commercio equo e solidale

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Che fine ha fatto il post relativo al sito web del Comune? Qualcuno se l'è presa?

BlogCittadiniBrentonico ha detto...

per errore era finito nuovamente nelle bozze
pardon!