24 giugno 2009

la felicità sostenibile


Come disse Bob Kennedy, il Pil misura qualsiasi cosa, tranne quello che può renderci felici. Ma la felicità può essere sostenibile? Eccome, risponde Maurizio Pallante: basta rinunciare alla droga (mentale) della crescita, sinonimo di benessere solo apparente, frutto di un equivoco generato dall’ideologia suicida dello sviluppo illimitato, che esaurisce le risorse e inquina il pianeta, mettendone a rischio il futuro e spingendo l’umanità in un vicolo cieco, dove si confondono beni e merci, lavoro e occupazione, e dove il semplice “divertimento” sostituisce la serenità della gioia. Per uscire da questa crisi globale, socio-economica e ambientale ma anche culturale e antropologica, non bastano più le ricette del passato: serve un nuovo Rinascimento, chiamato Decrescita.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Tutti possono dire e spesso dicono fesserie. Naturalmente anch'io.
La povertà, la fame, le malattie, l'inquinamento, la mortalità infantile, il degrado sociale, persino la guerra e tutti i mali del mondo si vincono con la ricchezza ed il benessere.
Nessun paese, nessun popolo, nessun individuo da povero può aiutare sè stesso. Figuriamoci gli altri. Ricchezza e benessere si raggiungono, è dimostrato scientificamente e storicamente, solo attraverso la crescita e solo attraverso l'economia di mercato. L'unica naturale. L'unica che funziona da millenni.La felicità non c'entra un bel nulla. Si può essere felici nelle favelas come a nella City. L'infelicità è una condizione connaturata alla nostra esistenza.Se non lo si impara vivendo, Giacomo Leopardi lo spiega benissimo. Ai moderni mestatori sociologici, quasi sempre ex-sessantottini,il sei politico non sembra essere molto servito.
Gianclaudio

Anonimo ha detto...

amen

Anonimo ha detto...

O, COSI' SIA!