01 settembre 2009

town meeting -20gg

In breve, il town meeting (letteralmente: incontro cittadino, della città), è un incontro pubblico dove i cittadini di un’area (per esempio una cittadina, appunto) sono invitati a partecipare e dibattere mozioni di tipo politico o amministrativo; il fine è quello di raccogliere il feedback della cittadinanza sotto forma di critiche, proposte, suggerimenti oppure per pratiche referendarie, cioè consultazioni i cui risultati possono essere vincolanti per l’amministrazione.
Tipicamente l’istituto del town meeting origina negli Stati Uniti, risalendo alle prime forme di governo dei villaggi coloniali del New England, quattro secoli fa (grossomodo mentre nel Vecchio Mondo stavano nascendo gli Stati-nazione); tuttavia forse anche la lezione delle popolazioni autoctone ha avuto un peso nella democratizzazione delle colonie (come è stata da loro mutuata la formula del caucus, l’assemblea delle tribù indiane, che ancora oggi sopravvive in molti stati).
Inoltre, gli appassionati dei Simpsons, avranno sicuramente assistito a qualche bizzarro town meeting ambientato nella cittadina dei cartoon, Springfield.

Il town meeting rientra naturalmente nella categoria generale delle pratiche di democrazia diretta, assembleare, tipiche delle comunità più evolute e organizzate.
Inutile dire che i primi town meeting (nella sostanza) della storia potrebbero essere facilmente identificati in quelli riuniti nell’agorà della polis greca; ma anche nelle municipalità medioevali si davano manifestazioni analoghe (fuori di casa nostra, nei paesi baschi, le cosiddette anteiglesias, cioè riunioni davanti alla chiesa); così come sopravvivono nella Svizzera odierna nelle piccole e medie città (cioè in quasi tutte le città elvetiche).
Tuttavia negli USA, la pratica del town meeting è stata via via rivisitata e aggiornata alla crescente complessità delle società odierne, fino ad arrivare a formule di e-TM, cioè di town meeting supportato da mezzi elettronici. Senza dilungarci troppo diremmo che i pilastri su cui si regge il processo sono le sue tre fasi:
- una prima fase di informazione, durante la quale con l’apporto di documenti e l’intervento di esperti viene formata una conoscenza condivisa di base tra i partecipanti all’assemblea;
- una seconda fase di dibattimento, generalmente condotta attraverso la creazione di piccoli gruppi dove, con l’aiuto di una figura specifica di facilitatore, c’è un confronto aperto sulle diverse posizioni;
- una terza, e finale, fase di deliberazione, nella quale le problematiche proposte dai gruppi e sintetizzate da appositi addetti (theme team), sono sottoposte al vaglio di tutti i partecipanti che si pronunciano attraverso una votazione diretta (oggi attraverso delle tastierine elettroniche o polling keyboard).
I town meeting quindi hanno uno scopo ben preciso, cioè di portare a deliberazioni, non sono semplici convegni per la discussione o l’informazione; e lo fanno riunendo in un unico luogo, generalmente una grande assemblea (anche migliaia di persone), che dibattono in piccoli gruppi e poi si pronunciano collettivamente (sto schematizzando).
Alla fine dell’assemblea, essendo i risultati immediati, verrano rilasciati dei documenti che ne illustrano le proposte (istant report), quindi i partecipanti possono sempre visionare subito e concretamente il risultato del loro lavoro.
Queste assemblee sono generalmente comunità di cittadini riuniti per discutere problematiche riguardanti l’amministrazione locale (town meeting, veri e propri), anche se ormai la locuzione è usata anche per designare qualsiasi tipo di riunione che veda un largo numero di partecipanti i quali siano chiamati alla fine a votare qualche deliberazione (per distinguerle: town hall meeting).
Infine segnaliamo che, di fatto, esistono due tipologie di town meeting:
- open town meeting, aperti appunto a tutta la comunità, a chiunque voglia partecipare spontaneamente e direttamente per dare un proprio contributo fattivo, coinvolgono quindi spesso un numero cospicuo di persone;
- representative town meeting, ai quali invece partecipano solo i rappresentanti della comunità locale, spesso designati in modo diretto e scelti con la speciale cura che esauriscano tutte le parti coinvolte, che tutti i portatori di interessi della comunità, cioè, abbiano una rappresentanza.
Un esempio interessante e intrigante di queste procedure è raccontato nel libro di una grande esperta in facilitazione di grandi e piccoli gruppi deliberativi, Susan L. Podziba (Chelsea Story, 2006, Bruno Mondadori); un libro davvero istruttivo nonché piacevole e intrigante da leggere il quale, per darne un assaggio, ha come sottotitolo: Come una cittadina corrotta ha rigenerato la sua democrazia.
Per finire, di town meeting se ne tengono regolarmente in tutti gli Stati Uniti, ma anche in Europa è una pratica che sta prendendo piede, sull’onda lunga di una montante domanda di partecipazione democratica.
In questi mesi abbiamo l'esempio dei tanti incontri cittadini che si stanno tenendo in tante città americane in merito al progetto di riforma sanitaria proposto dal presidente americano Barack Obama (USA-SANITA' : OBAMA PREME . " TOWN MEETING" DEL PRESIDENTE)
E anche in Italia abbiamo visto buoni esempi queste pratiche, che si stanno diffondendo con certa timidezza, ma soprattutto al centro-nord del Paese.
Si possono segnalare tre esempi di dove sia stato adottato l’istituto del town meeting: dal Young Words Happening di Torino nel 2000 sino alla convinta frequentazione da parte della Regione Toscana che prima l’ha, coerentemente, utilizzato per formulare la Legge Regionale sulla Partecipazione, nel Luglio del 2006: 500 partecipanti, moltissimi giovani; poi quest’anno in tema di Sanità (incidentalmente, il 92,4% dei partecipanti ha definito l’esperienza entusiasmante).

Concludendo una citazione, da Paul Ginsborg (La democrazia che non c’è, 2006, Einaudi):
La democrazia deliberativa vanta un certo numero di prerogative. Luigi Bobbio ne evidenzia tre, particolarmente importanti. Innanzitutto essa è potenzialmente, pur se non necessariamente, in grado di generare decisioni migliori, poiché nel corso del dibattito si procede a una ridefinizione dei problemi e si propongono nuove mediazioni e soluzioni. In secondo luogo le decisioni acquistano maggiore legittimità se derivate dal processo di deliberazione, in quanto non prodotte separatamente da un piccolo gruppo ma da una pluralità di persone, alcune delle quali possono anche non condividere la decisione finale, ma tutte riconoscono la legittimità della procedura attuata. Terzo in ordine di citazione, ma non di importanza per i nostri obiettivi, la deliberazione promuove le virtù civiche insegnando alle persone ad ascoltare, a essere più tolleranti e spesso a costruire rapporti di fiducia reciproca.”

A Rovereto il 20 settembre si terrà una prima esperienza di questo tipo. Un evento straordinario, una giornata partecipativa ideata, realizzata e gestita dal basso, da "ordinari" cittadini trentini (post Giornata Partecipativa)
Il Cittadino Partecipa - Idee per riattivare la democrazia in Trentino
Per conoscere tutti i dettagli dell'iniziativa e per partecipare iscriviti sul sito www.ilcittadinopartecipa.it


1 commento:

Anonimo ha detto...

Quante balle, è come dare i decreti delegati alle greggi.