27 gennaio 2011

i sommersi e i salvati

Primo Levi fra le sue memorie sulle esperienze estreme compiutesi nei lager nazisti, dedica il libro ultimo "I sommersi e i salvati" a quello che, a prima vista, sembrerebbe un personale dolorosissimo memento testamentario, un'auto-analisi impietosa.

"Memento"
"Sopravvivevano i peggiori, cioè i più adatti; i migliori sono morti tutti... . Fra i sopravvissuti, sono molto più numerosi coloro che in prigionia hanno fruito di qualche privilegio. A distanza di anni si può ben affermare che la storia dei lager nazisti è stata scritta quasi esclusivamente da chi, come io stesso, non ne ha scandagliato il fondo. Chi lo ha fatto non è tornato. La morte per fame, o per malattie indotte dalla fame, era il destino normale del prigioniero. Poteva essere evitata solo con un sovrappiù alimentare, e per ottenere questo occorreva un privilegio, grande o piccolo; in altre parole, un modo octroyé o conquistato, astuto o violento, lecito o illecito, di sollevarsi al di sopra della norma".
"Pare proprio che a questo volgersi indietro a guardare tale acqua perigliosa siano dovuti i molti casi di suicidio dopo la liberazione. Nella maggior parte dei casi il suicidio nasce da un senso di colpa. Quale colpa? A cose finite, emergeva la consapevolezza di non aver fatto nulla, o non ab-bastanza, contro il sistema in cui eravamo stati assorbiti. Della mancata resistenza nei lager, o meglio in alcuni lager, si è parlato troppo e troppo leggermente... . Più realistica è l'autoaccusa, o l'accusa, di aver mancato sotto l'aspetto della solidarietà umana. Pochi superstiti si sentono colpevoli di aver deliberatamente danneggiato, derubato, percosso un compagno: chi lo ha fatto ( i kapos, ma non solo loro) ne rimuove il ricordo; per contro quasi tutti si sentono colpevoli di omissione di soccorso. La presenza al tuo fianco di un compagno più debole, o più sprovveduto, o più vecchio, o troppo giovane, che ti ossessiona con le sue richieste di aiuto, o col suo semplice esserci che già di per sé è una preghiera, è una costante della vita in lager. La richiesta di solidarietà, di una parola umana, di un consiglio, anche solo di un ascolto, era permanente ed universale, ma veniva soddisfatta di rado. Mancava il tempo, lo spazio, la privatezza, la pazienza, la forza...".
"Fui un eletto, io, un salvato. E perché proprio io? Forse perché scrivessi , e scrivendo por-tassi testimonianza, come mi spiegò un amico religioso? Questa opinione mi parve mostruosa: potrei esser vivo al posto di un altro, a spese di un altro, che avrei soppiantato, cioè di fatto ucciso. I salvati del Lager non erano i migliori, i predestinati al bene, i latori di un messaggio: quanto avevo visto e vissuto dimostrava l'esatto contrario. Di preferenza sopravvivevano - ripetiamolo - i peggiori, gli egoisti, i violenti, gli insensibili, i collaborazionisti della zona grigia, le spie. Non era una regola certa (non c'erano, né ci sono nelle cose umane, regole certe), ma era pure una regola. Mi sentivo sì innocente, ma intruppato tra i salvati, e perciò alla ricerca permanente di una giustificazione, davanti agli occhi miei e degli altri. L'amico religioso mi aveva detto che ero sopravvissuto affinché portassi testimonianza. L'ho fatto meglio che ho potuto, e non avrei potuto non farlo; ma il pensiero che questo mio testimoniare abbia potuto fruttarmi da solo il privilegio di sopravvivere, e di vivere per molti anni senza grossi problemi, mi inquieta, perché non vedo proporzione fra il privilegio e il risultato".
"Lo ripeto, non siamo noi superstiti i testimoni veri. E' questa la nozione scomoda, di cui ho preso coscienza a poco a poco, leggendo le memorie altrui, e rileggendo le mie a distanza di anni. Noi sopravvissuti siamo una minoranza anomala oltre che esigua: siamo quelli che, per loro prevaricazione o abilità o fortuna, non hanno toccato il fondo. Chi lo ha fatto, chi ha visto la Gorgone, non è tornato per raccontare o è tornato muto; ma sono loro, i sommersi, i testimoni integrali, coloro la cui deposizione avrebbe significato generale. Loro sono la regola, noi l'eccezione. Sotto altro cielo, e reduce da una schiavitù simile e diversa, lo ha notato anche Solzenicyn: "Quasi tutti coloro che hanno scontato una lunga pena e con i quali vi congratulate perché sono dei sopravvissuti, sono senz'altro dei pridurki o lo sono stati per la maggior parte della prigionia. Perché i Lager sono di sterminio, questo non va dimenticato".
"Nel linguaggio di quell'altro universo concentrazionario - precisa Levi - i pridurki sono i prigionieri che, in un modo o nell'altro, si sono conquistati una posizione di privilegio".

"Non erano mostri, avevano il nostro viso"
Queste strazianti riflessioni tratte e parafrasate da "I sommersi e i salvati" collocano l'autore - Primo Levi - in una posizione scomoda, insopportabile. Egli non può considerarsi un testimone integrale, proprio perché è un superstite: testimoni veri potevano esserlo solo i sommersi. Ma questi erano morti. Ed anche se qualcuno di loro fosse tornato, avrebbe taciuto. Anche se avessero avuto a disposizione carta e penna, non avrebbero ugualmente testimoniato, perché la loro morte era cominciata prima di quella corporale. E' il destino di Lorenzo - ha scritto Cesare Cases nell'introduzione alle "Opere" di P. Levi - il muratore italiano che ad Auschwitz aveva aiutato Levi e tanti altri. Dopo il ritorno si lascia andare e muore: il mondo lo aveva visto, non gli piaceva, lo sentiva andare in rovina; vivere non gli interessava più. E Cases termina: "Sembra che un giorno anche Primo Levi sia arrivato a questa conclusione".
Sì, egli è morto suicida l'undici aprile 1987: così Primo Levi si è chiamato tra i testimoni autentici, integrali, finalmente anch'egli sommerso!
Ma quest'intima, tragica, determinazione - un personale memento testamentario, dicevamo all'inizio di questa nota - prende la colorazione di una pubblica, tremenda, denuncia: "L'esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dai lager nazisti - aveva scritto Levi - è estranea alle nuove generazioni e sempre più estranea si va facendo man mano che passano gli anni".
"Cose d'altri tempi?" si domandava Levi. E' forse in questo penoso interrogativo che risiede più precisamente la disperazione estrema del salvato di Auschwitz : anche la sua prova di scritto-re sull'abominio delle miserie raz ziste rischia di rivelarsi inutile, se su di esse cade l'oblio, se "altri" diventano i problemi da considerare più minacciosi. Eppur ricordate - ammonisce Levi - che i nostri aguzzini "erano fatti della nostra stessa stoffa, erano esseri umani medi, mediamente intelligenti, mediamente malvagi: salvo eccezioni, non erano mostri, avevano il nostro viso... ma erano stati educati male".
Sono queste le verità che dovrebbero inquietare sempre le occupazioni e le pre-occupazioni delle nostre comunità, se intendono essere libere. Dimenticare che il male è in mezzo a noi, significa preparare nuovi catastrofi. Ma chi dovrebbe educarci al bene, se i potenziali buoni maestri ieri hanno finito per servire il male e domani potrebbero fare altrettanto? Racconta Primo Levi: "Le cronache della Germania hitleriana brulicano di casi che confermano questa tendenza: vi hanno soggiaciuto, confermandola, Heidegger il filosofo, maestro di Sartre; Stark il fisico, premio Nobel; Faulhaber il cardinale, suprema autorità cattolica in Germania, e innumerevoli altri".
Ripeto: chi dovrebbe educarci al bene?

tratto da "La vita è scettica", ricerca letteraria di Nicola Zoller

post precedenti
27 Gen 2008 il giorno della memoria
01 Nov 2008 "lentamente muore"

8 commenti:

Anonimo ha detto...

meditiamo gente meditiamo.......

Anonimo ha detto...

Bella la serata di venerdì sera a Brentonico, con le letture eseguite dai ragazzi della scuola media e con i canti del coro femminile dei Quattro Vicariati. Toccanti le note del violino e della chitarra di Vittorio e Mauro.
Poca la gente presente...
sull'altipianto questo tipo di avvenimenti non attira molto, attira di più "La polenta e mortadela" ....
Nella serata abbiamo avuto anche l'onore di conoscere il nuovo assessore alla cultura, la signora Volpi. Chissà perchè si deve sempre votare e nominare persone che non vivono sull'altipiano.
Però al di la di questo, speriamo sia all'altezza del suo nuovo ruolo.
Auguri e buon lavoro.

Anonimo ha detto...

si c'ero anche io! proprio una bella serata
complimenti a tutti gli organizzatori e poi dai non eravamo così pochi (ho visto di peggio) e poi il numero è sempre relativo
alla prossima
un bravi a tutti!
gpb

Anonimo ha detto...

Dire bella serata è dire poco.
Ieri sera abbiamo assistito ad un evento intelligente e raffinato su un argomento di grande difficoltà. la Shoah, messo assieme con artisti locali, ragazzi e insegnanti della scuola, coro e musicisti.
Così si fa.
Bravi!

Anonimo ha detto...

Come è andata la serata del sabato?

Anonimo ha detto...

Qualcuno che c'era quel sabato, potrebbe fare un resoconto della serata...?

Anonimo ha detto...

venerdì sera 27 gennaio, si è ripetuta la serata per la "Giornata della memoria"
Devo dire che quest'anno è stato veramente un successo! forse la serata è stata più publicizzata, comunque complimenti agli organizzatori, ci vorrebbero più serate così. che coinvolgano i giovani studenti e la scuola. Bravissimo anche il coro, accompagnato dalla chitarra di Mauro e dal violino di Vittorio.
La chitarra e il violino creano sempre un certo effetto...
credo che la serata abbia lasciato un bel ricordo e un motivo di riflessione in tutti quanti i partecipanti.

Anonimo ha detto...

La serata è piaciuta tanto anche a me. Quei canti degli ebrei mi hanno strappato il cuore e le poesie mi hanno fatto commuovere e tremare. Complimenti a chi ha preparato e organizzato l'appuntamento con una data da non dimenticare mai!
Lucy