tutti al voto ma non solo
Tutti al voto! tutti al voto per le elezioni comunali di domani.
Seggi aperti domenica 10 maggio dalle 7 alle 21.
Ecco le modalità di voto
Ma ricordiamoci che i tempi sono cambiati e non ci si può fermare al solo voto...
La
scomparsa dei vecchi riferimenti, il crollo dei modelli, la
disgregazione dei grandi ideologemi della modernità, l’onnipotenza di un
sistema di mercato che dà (eventualmente) dei mezzi di sussistenza ma
non delle ragioni di vita, riportano alla ribalta la questione cruciale
del senso della presenza umana nel mondo, del senso dell’esistenza umana
e collettiva, e questo, in un momento in cui l’economia produce sempre
più beni e servizi con sempre meno lavoro e uomini, il che provoca un
moltiplicarsi delle esclusioni in un contesto già fortemente segnato
dalla disoccupazione, dalla precarietà dell’impiego, dalla paura del
futuro, dall’insicurezza, dall’aggressività reazionale e da frustrazioni
di ogni genere.
Tutti
questi fattori rendono necessario un rimaneggiamento in profondità
delle pratiche democratiche che può verificarsi solo in direzione di una
vera democrazia partecipativa.
In una società che
tende a divenire sempre più “indecifrabile”, tale democrazia ha in
effetti come principale vantaggio quello di eliminare o di correggere
gli squilibri dovuti alla rappresentanza, di
assicurare una migliore
conformità della legge alla volontà generale e di essere fondatrice di
una legittimità senza la quale la legalità istituzionale non è che mero
simulacro.
Non è al livello delle grandi istituzioni collettive
(partiti, sindacati, chiese, esercito, scuola, ecc.) attualmente entrate
tutte, più o meno, in crisi, e che quindi non possono avere più il loro
ruolo
tradizionale di integrazione e intermediazione sociale, che è
possibile ricreare una simile cittadinanza attiva. Anche il controllo
del potere non può più essere solo appannaggio di partiti
politici la cui attività si limita troppo spesso al clientelismo.
Oggi la democrazia partecipativa non può essere che una democrazia di base.
Questa
democrazia di base non ha come scopo quello di generalizzare la
discussione a tutti i livelli, ma piuttosto di determinare, con il
concorso del maggior numero possibile di persone, nuove procedure di
decisione conformi alle sue proprie esigenze così come a quelle che
derivano dalle aspirazioni dei cittadini. Essa non può neppure ridursi
alla semplice opposizione tra “società civile” e sfera pubblica, la qual
cosa significherebbe espandere ulteriormente l’influenza del privato e
lasciare l’iniziativa politica a forme di potere obsolete. Si tratta, al
contrario, di permettere agli individui di cimentarsi come cittadini e
non come membri delle sfera privata, favorendo per quanto possibile il
fiorire e il moltiplicarsi di nuovi spazi pubblici di iniziativa e di
responsabilità.
La procedura referendaria non è che una delle tante
forme di democrazia diretta – di cui, del resto, si è forse
sopravvalutata la portata. Bisogna sottolineare ancora una volta che il
principio politico della democrazia non è che sia la maggioranza a
decidere, ma che il popolo sia sovrano. Lo stesso voto non è che un
semplice mezzo tecnico di consultazione e manifestazione dell’opinione
pubblica.
Questo significa che la democrazia è un principio politico
che non può confondersi con i mezzi di cui si avvale, così come non può
ridursi ad una idea puramente aritmetica e quantitativa.
La qualità di cittadino non si esaurisce con il voto.
Essa
consiste piuttosto nell’individuare tutti i metodi che permettano di
manifestare o rifiutare il consenso, di esprimere un rifiuto o un
assenso.
E’
necessario quindi esplorare sistematicamente tutte le forme possibili
di partecipazione attiva alla vita pubblica, che sono anche forme di
responsabilità e autonomia personale, poiché la vita pubblica condiziona
l’esistenza quotidiana di tutti.
Ma la democrazia partecipativa non ha soltanto una portata politica. Ha anche una portata sociale.
Favorendo
i rapporti di reciprocità, permettendo il ricrearsi di un legame
sociale, può aiutare a ricostituire solidarietà organiche oggi
indebolite, a ricucire un tessuto sociale disgregato dall’ascesa
dell’individualismo e della sua irruzione nel sistema della concorrenza e
dell’interesse. In qualità di produttrice di socialità elementare, la
democrazia partecipativa procede allora di pari passo con la rinascita
delle comunità attive, la ricostituzione delle solidarietà di vicinato,
di quartiere, dei luoghi di lavoro, ecc. ecc.
Questa concezione
partecipativa della democrazia si oppone con forza alla legittimazione
liberale dell’apatia politica, che incoraggia indirettamente
l’astensione e porta al predominio dei gestori,degli esperti e dei
tecnici.
La
democrazia, in fin dei conti, non poggia tanto sulla forma di governo
propriamente detta quanto sulla partecipazione del popolo alla vita
pubblica, di modo che il massimo di democrazia si confonda con il
massimo di partecipazione.”Partecipare”, vuol dire
prendere parte, vuol dire provare ad essere parte di un insieme o di un
tutto ed assumere il ruolo attivo che deriva da questa appartenenza. ”La
partecipazione, diceva René Capitant, è l’atto individuale del
cittadino che agisce come membro della collettività popolare”. Il che
dice bene quanto le nozioni di appartenenza, di cittadinanza e di
democrazia siano collegate.
La
partecipazione sancisce la cittadinanza, che deriva dall’appartenenza.
L’appartenenza giustifica la cittadinanza, che permette la
partecipazione.
fonte DEMOCRAZIA RAPPRESENTATIVA E DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA
Nessun commento:
Posta un commento